"A differenza del romanzo giovanile di Goethe, ""I dolori del giovane Werther"", a cui idealmente si ispira, l'""Ortis"" costituì per il Foscolo una sorta di 'opera aperta', alla quale egli sentì l'esigenza di tornare a più riprese, nel corso della vita, per meglio definire, attualizzandola di volta in volta, l'immagine di sé che vi aveva affidata. Iniziato nel 1798, il romanzo rimase interrotto per la fuga del poeta da Bologna in seguito all'arrivo degli austriaci. Ripreso nel 1800, fu compiuto e pubblicato nel 1802, con immediato successo. Ma nel 1816, all'inizio di un nuovo e definitivo esilio, il Foscolo ancora vi tornò per apporvi modifiche e aggiunte, fra cui una lettera violentemente antinapoleonica. E l'anno successivo ne diede infine, a Londra, l'ultima edizione. Romanzo-diario, quindi, o, come scrisse il poeta, ""diario delle proprie angosciose passioni"": e non solo per la trama, scopertamente autobiografica, ma per l'immediatezza con cui vi si riflettono, quasi a strati successivi, gli umori e le esperienze esistenziali di un'indole istintiva e appassionata: ci sono le esaltazioni e i disinganni, i viaggi e la politica, i gusti letterari, le vicende d'amore, e perfino le lettere realmente spedite alle donne del momento. Nell'opera affiorano anche, se pure sfocati, quasi tutti i temi della grande poesia foscoliana: il che ne spiega il valore storico e documentario. Ma la sua popolarità, la ragione di un fascino che si mantiene inalterato negli anni e fa dell'""Ortis"" ""non solo un classico, ma un libro da leggere"", sta in quel sapore di giovinezza che persiste intatto sotto l'enfasi romantica delle sue pagine e fa sentire ""la presenza di un uomo vero, con tutte le sue passioni, che intuiamo a loro volta vere anche se talvolta troppo declamate""."