La prima immagine di Gesù che il mondo possiede è, paradossalmente, una caricatura nata dalla fantasia di un nemico dei cristiani: raffigura un crocifisso con testa d'asino. Risale al II secolo, ed è stata quindi realizzata quando ormai coloro che lo hanno conosciuto in vita non ci sono più. Ogni successiva raffigurazione del Figlio di Dio sarà dunque frutto esclusivamente dell'immaginazione umana. Flavio Caroli si è interrogato sui vari modi di rappresentare Gesù, curiosità nata da ragazzo confrontando il Cristo con la barba del "Vangelo secondo Matteo" di Pier Paolo Pasolini con quello imberbe dei mosaici ravennati di Sant'Apollinare Nuovo e del mausoleo di Galla Placidia. Sollecitato da tale contrasto, l'autore ripercorre la tradizione iconografica millenaria che vede il Figlio di Dio raffigurato ora simile a un giovane Apollo ora nei panni di un uomo maturo, con barba e capelli lunghi. E ci mostra come, inizialmente, vengano esclusi gli episodi più umilianti della sua vita: Cristo è immaginato quale dispensatore di leggi, Maestro o guaritore fino al Medioevo, periodo in cui inizia a dominare la sofferenza della Croce, resa emblematica da Cimabue con la figura di un uomo crocifisso che si contorce in un ultimo brivido di vita. Sarà la "Resurrezione" di Piero della Francesca, in pieno Umanesimo, a fondere tragedia della carne, magistralmente interpretata da Donatello, e classicismo, in uno dei ritratti più sublimi della storia della pittura. Luce naturale e luce sovrannaturale esprimono la doppia natura di Cristo nella "Trasfigurazione" di Raffaello, mentre la "Pietà Rondanini" di Michelangelo concede spazio soltanto al disfacimento del corpo. Nel mondo contemporaneo Gesù diviene testimone della solitudine e dell'infelicità dell'artista e dell'uomo moderno, come dimostra il "Cristo nell'orto degli ulivi" di Gauguin, che si ritrae nei panni del Figlio di Dio abbandonato dagli apostoli. Con Guttuso, invece, il dramma della "Crocifissione" si trasforma nella metafora di uno stato esistenziale che tocca l'umanità intera, soprattutto negli anni tragici della guerra. E Warhol non manca di fare di Gesù un oggetto di provocazione, un'icona del consumo, nella sua rilettura dell'"Ultima Cena" di Leonardo; un richiamo alla pittura del passato che caratterizza anche i lavori di registi come Pasolini, Zeffirelli e Olmi. "Il volto di Gesù" è l'appassionante racconto di come l'arte ha risposto nei secoli al mistero delle sembianze di Cristo. Una sfida alla nostra immaginazione, poiché "anche le immagini che produrrà su di lui la fantasia del futuro non saranno né oggettive né innocenti. Saranno le immagini del Gesù di cui avrà bisogno il mondo di domani".