Il tema erotico era, nelle precedenti raccolte di Ruffilli, trattato con irridente ironia, mantenendo l'oggetto d'amore sempre "figurato", assente, immaginato. In questa raccolta, invece, non ci sono idealizzazioni o donne dello schermo: il soggetto ama di un amore carnale il suo oggetto, incontra la sua donna "reale", e l'amore conosce la violenza e la crudeltà, ma anche le pieghe più tenere che resistono nello slancio passionale: "mi chiami, e mi pretendi, con l'urgenza, della tua pelle: vuoi che ti prenda, e, più, che ti violenti". Con versi brevi e pulsanti, da canzonetta settecentesca, Ruffilli si dimostra capace di rendere il discorso dell'amore, "l'eterna guerra di posizione", non solo ancora possibile, ma nuovo.
Sempre intrigante e vitale il capitolo dell'amore sia come agape, ma soprattutto come eros. E quello di coppia, coniugale o meno, riassume, o dovrebbe, sensualità e spiritualità, sintesi al di fuori dell'ordinario e del tutto appagante. All'interno della dinamica dell'amore, un pizzico di maschilismo non può guastare e fa bene all'intera economia di questo racconto in versi. Un mito, l'amore, tra fusione e fissione; annichilimento e rinascita; tensione e rilassamento: nevrosi ed apatia; desiderio e tregua. Il tutto nell'attimo che sfugge e si ripresenta per coazione a ripetere ( impossibile non scomodare il buon Freud sull'orlo del cratere della passione!) Dunque la vita qual è indicata nelle espressioni impressionistiche, soprattutto dai 'mastri dipintori' transalpini, come apertura all'inseminazione germinale coatta e ripetuta in una puntuale interpretazione emotiva. E' la massima forma di conoscenza e sapere del maschio sulla femmina e viceversa, negli attimi del fare- come la poesia del resto. Vi è tutta la realtà umana a fronte del mistero della vita che si ripete moltiplicandosi. Inutile farsi domande? Macché: è proprio in quegli incroci carnali, veri combattimenti all'ultimo sangue senza del tutto morire, che si colgono le risultanti di ogni essere vitale. Riflessioni ante e post l'evento, fonti sorgive dello scibile in una dialettica di energie fluenti, scroscianti a valle e rigenerate misteriosamente in un panorama di certo carsico. Il Nostro dà un'interpretazione di buon senso, con quel lieve tocco stilistico originale che sempre ha distinto e distingue il suo fare poetico coinvolgendo il lettore attento spesso con lui ottimamente solidale.
Anonimo - 12/12/2011 13:13