Proprio come per i tre stadi dell'antica filosofia alchemica, le nostre esistenze attraversano diverse fasi che possono farci evolvere alla ricerca di un rimedio per vivere pienamente, o anche solo dignitosamente, la nostra vita. E spesso una ricerca un po' utopica, la nostra, ed è per questo che, piuttosto che pretendere di raggiungere definitivi quanto improbabili stati di beatitudine, dovremmo mirare non all'assoluto ma al possibile, imparando l'arte di trasformare ciò che è negativo o insulso in oro, inteso come simbolo di preziosità, ma non necessariamente di perfezione. L'alchimia del possibile implica dunque un'esperienza di crescita, il raggiungimento di uno sguardo diverso che permette di liberarsi da molti fardelli inutili, siano essi ostacoli concreti del vivere o inettitudini esistenziali più intime e profonde. Perché il nostro sguardo può essere capace di estrarre e svelare bellezza dal nulla, conducendoci a stati di pienezza e d'incanto. A patto di non farci trovare impreparati. Anche se poi, nonostante tutto, lo saremo sempre, ma con una dose di autoconsapevolezza che, sola, può fare la differenza.