«La prima immagine che mi è saltata in mente leggendo la silloge di Luca de Vincentiis è quella di un poliedro irregolare, perché la sua è una lirica composta d'infinite forme volutamente mai perfette. Non parliamo di forme prosodiche - perché il verso è libero dal giogo delle gabbie metriche, leggero nel suo dispiegarsi in modo spesso originale nello spazio della pagina. Parliamo invece di quelle che Umberto Eco definiva le 'forme del contenuto', ove la verità non è mai sillogistica, tautologica, bensì definita da un incessante processo d'interpretazione di 'oggetti', in cui sopravvive soltanto una traccia archetipica del concreto, che il soggetto è chiamato di continuo a decrittare, in un'ideale simbiosi fra poeta e lettore che permea l'intera raccolta. [...]» Dalla Prefazione di Giuseppe Palladino.