Quando "Il Giorno", alla fine dell'aprile del 1956, arriva per la prima volta in edicola, Vittorio Emiliani - autore di questo libro - è, appena ventenne, studente di giurisprudenza a Pavia. Nel giro di pochi mesi la nuova testata rompe il sussiegoso conformismo del giornalismo italiano e conosce un clamoroso successo. S'impone come un modo nuovo e intelligente di fare comunicazione in Italia, e anche Emiliani, come tanti altri giovani, sogna di raggiungere la ridotta ma pittoresca e creativa redazione guidata da Gaetano Baldacci, personaggio che, oltre ad essere il fondatore del "Giorno" voluto da Enrico Mattei, si distingue ben presto come controversa leggenda del giornalismo. Emiliani alla fine entrerà nel "Giorno": in quello grintoso, curioso, mai sbracato, affidato a Italo Pietra dopo la direzione di Baldacci. L'autore si sofferma così sull'avventuroso decollo del giornale - subito inviso alla destra italiana e considerato, dai conservatori, come il privatissimo quotidiano dell'imprenditore di Stato Enrico Mattei - per poi ricostruire la lunga e combattiva stagione di Italo Pietra. Di quei giorni fa emergere - con la vivezza di chi c'era e grazie alla franchezza di inedite testimonianze - litigiosi interni e imprevisti fuori scena, scorci insospettabili di un potere grigio e autoritario e ritratti efficacissimi di protagonisti e comprimari. Sfilano figure assai diverse e tuttavia accomunate dall'essere state parte della sfida del "Giorno" all'italico statu quo, agli immutabili equilibri del potere: da Paolo Murialdi a Franco Nasi, da Adele Cambria a Gianni Brera, da Bernardo Valli a Giorgio Bocca, da Enzo Forcella a Natalia Aspesi. Ne esce un libro precorso dalle dure e profonde contraddizioni della società italiana. Un testo dove, attraverso la parabola di un giornale, si ripercorrono le aspirazioni rigorose e ben presto deluse di quell'Italia che vuole fuggire dai gattopardismi e insegue, invano, il sogno di diventare un Paese più giusto e più moderno.