"Allez Coppì, allez Bartalì": il grido con cui le folle di francesi - prima perplessi, costernati, poi sinceramente ammirati e infine entusiasti - salutano i due campioni italiani impegnati nel più duro e cavalleresco duello che mai sia stato combattuto sulle strade del Tour, è di quei momenti che non si dimenticano. Soprattutto se vengono fermati da Gianni Brera su quel taccuino che "sconnessa cambiale avallata dalla memoria", sarà il suo principale strumento di lavoro di giornalista al seguito, per quasi trent'anni, di Giri di Francia e d'Italia, grandi classiche e campionati mondiali di ciclismo. In questo libro c'è l'alfa e l'omega - il Tour del 1949 e il Giro d'Italia del 1976 - del lungo itinerario compiuto da Brera sulle piste di uno sport che proprio in quell'epoca conosce la sua stagione mitica e s'indora di leggenda. Le strade polverose della Francia - percorse da Coppi e da Bartali, nonché dall'eterno terzo rivale Fiorenzo Magni e da Van Steenbergen, Robic, Bobet, Kubler - si congiungono, nell'"Anticavallo", allo snodarsi del Giro del 1976. Un Giro, l'ultimo raccontato da Brera, fissato in pagine di incomparabile forza, di ineguagliabile curiosità, dense di instancabili invenzioni linguistiche. Tappa dopo tappa si risale dalla Sicilia - dove alle pendici dell'Etna muore tragicamente il giovane corridore spagnolo Juan Manuel Santiesteban - sino al serrato finale e al trionfo lombardo che accoglie il nuovo campione, quel Gimondi, maglia rosa '76, che s'impose dopo un acceso confronto che l'ha opposto ad avversari come Merckx, Baronchelli, Moser, Bitossi, De Vlaeminck. Ancora una volta le parole di Brera dimostrano di poter sopravvivere lungo i decenni. Sono schegge che rompono la prigionia della cronaca spicciola e volano a tessere trame di pura letteratura: i momenti epici e gli antagonismi inveleniti, i personaggi leggendari e i dimenticati gregari.