Quando accetta la proposta di Blaise Cendrars di scrivere un libro per la sua collana di biografie di avventurieri, e sceglie in modo apparentemente incongruo per un comunista militante di occuparsi del barone von Ungern-Sternberg, Vladimir Pozner non immagina certo che dovrà non solo consultare documenti e fonti storiche (come già aveva fatto per Tolstoj è morto), ma condurre un'ardua inchiesta, imboccando per poi abbandonarle decine di false piste, e imbattendosi in testimoni più o meno inattendibili: dal sedicente ex soldato di Ungern alla coppia di decrepiti aristocratici parigini che hanno conosciuto il barone in fasce sino a "fratello Vahindra", il fasullo monaco buddhista che spaccia per il figlio segreto dello stesso Ungern l'adolescente efebico dai tratti asiatici con il quale vive in una squallida mansarda... A poco a poco, però, il narratore riesce ad afferrare il suo eroe, svelandone gli aspetti più inquietanti e contraddittori (nonché ambiguamente seducenti) : solitario, taciturno, imprevedibile, irascibile, sadico, paranoide, ferocemente antisemita, superstizioso, misogino, frugale, idealista, marziale, il barone Ungern ha tendenze mistiche, si considera erede di Gengis Khan e si crede investito di una missione provvidenziale, quella di riconquistare l'Occidente partendo dal cuore della Mongolia. Solo uno scrittore fuori dal comune come Pozner poteva ricomporre il puzzle di una personalità tanto complessa, e seguire il barone sanguinario nella sua...
Libro sicuramente originale su un russo bianco ignorato dalla storia.
Lo consiglio a chi vuole approfondire meglio argomento, anche se libro resta un po' ostico da leggere.
luca pistarelli - 16/01/2018 21:40