Il primo grande narratore della letteratura italiana scopre il miracolo del linguaggio fingendo una difesa morale delle sue licenze; e frattanto nasconde, sotto la leggerezza della favola e il piacere delle motivazioni consolatorie, un'estrema consapevolezza della professione artistica e della gravità poetica. Giocosa contraddizione di uno sperimentatore di generi e di stili, o dissimulato progetto di uno fra i primi teorici moderni della poesia?