Dal premio Nobel per la Letteratura, un canto che celebra l'infanzia scritto con un linguaggio musicale, tra i più melodiosi.
Tornare all'infanzia, alle sue fantasie, alla sua limpidezza, percorrendo le strade che l'hanno accolta: lo fa J.M.G. Le Clézio in queste due chansons, compiendo un viaggio sul filo della memoria che dalla brughiera della Bretagna approda al mare calmo di Nizza, alle montagne erbose e accoglienti delle Alpi Marittime, fino all'Africa con i suoi spazi di avventura e libertà. Lo fa senza alcuna nostalgia e con voce sobria, eppure emozionata, soprattutto fedele alla musica dell'innocenza, quell'età della vita in cui i ricordi sono ancora pochi, integri, quando le paure non hanno ancora un nome. Ne emerge un flusso di pensieri pieno di dolcezza, una condivisione dell'incanto - nonostante il frastuono della guerra vicinissima - per il periodo del raccolto in estate, il calore delle feste di paese, o anche il tocco, delicato sui piedi nudi, di un polpo incuriosito, o la bellezza di un campo di grano lambito dalle onde. Pennellate magiche, ma prive di idilli, colorate da certe parole solide mutuate dalla lingua bretone, immerse nel respiro amico della natura; e percorse dalle sensazioni vive e sussultanti che si colgono da bambini, anche quando a pochi metri esplode una bomba.