"Come saldare il presente all'avvenire, soddisfacendo le urgenti necessità del presente e utilmente lavorando per creare e 'anticipare' l'avvenire?" Questa domanda è posta da Antonio Gramsci in uno dei primi numeri de "L'Ordine Nuovo", nella primavera del 1919. L'urgenza dei compiti presenti e l'apertura al futuro delineano il campo di una 'coscienza storica' che si forma nell'iniziativa e nell'agire politico di gruppi militanti. Ma la coscienza storica riannoda anche i fili della memoria e del passato. La raffigurazione della Storia come dramma epocale, nel quale gli attori sono chiamati a decisione, ci rimanda infatti a una tradizione culturale di lunga durata. Le voci e i discorsi dei cittadini dell'antica 'polis', in lotta per la libertà, e quelli dei 'fedeli', peregrinanti verso una Città futura, hanno preceduto e in parte alimentato le rappresentazioni di sé e le convinzioni dei militanti moderni. Ma qual è il destino della 'coscienza storica' all'inizio di un secolo in cui la memoria è debole, e l'avvenire comune dell'umanità appare oscuro e viene per lo più rimosso dalle menti e dalle onere della vita quotidiana?