Protagonista del nuovo romanzo di Sebastiano Vassalli è una casa: una grande casa in una città di provincia, nella pianura dominata dal Monte Rosa. Nasce sontuosa dalle idee di un architetto geniale e megalomane negli anni che vedono realizzarsi l'unità d'Italia. Si anima dei personaggi che la abitano e vede trascorrere, generazione dopo generazione, gli avvenimenti che si susseguono per lo più pigramente, ogni tanto con improvvise accensioni che sembrano dover cambiare il mondo (ma nel corpo impassibile della protagonista restano soltanto qualche crepa in più o qualche tegola fuori posto). Nella casa si avvicendano storie piccole e storie grandi: vicende d'amore e di sangue, la repressione dei moti proletari di fine secolo, l'apparire delle prime biciclette, la Grande Guerra, gli scandali e i pettegolezzi che colpiscono i notabili della città, la nascita del fascismo, avventure d'alcova finite all'ospedale, la guerra civile con i suoi macabri riti, fino agli anni più recenti: la modernizzazione, l'immigrazione dal Sud, le speculazioni, il crescere prepotente della malavita. In questa mescolanza di eventi privati e pubblici, che è poi la storia dell'Italia, un filo continuo prende, forse, più evidenza di altri, ed è la parabola delle idee di progresso e di uguaglianza. Una parabola che, dalle prime avventurose organizzazioni socialiste fino alla degenerazione degli ideali e all'attuale crisi delle utopie, attraversa questo grande affresco e ha un peso tutto particolare fra i cambiamenti antropologici dell'italiano di cui Vassalli è, ancora una volta, grande narratore. Il sogno dell'avvento di una società migliore, o addirittura perfetta, si è via via trasformato, è stato abbandonato, è diventato "inabitabile" come, alla fine del romanzo, sotto il peso del tempo e delle storie che lo segnano, la bella casa della città sotto il Monte Rosa.