"Elena di Troia, la donna per cui si combattè una guerra decennale, è stata di volta in volta, per gli antichi greci, simbolo dell'aspetto perverso e negativo dell'eros, ""distruttrice di navi, di uomini, di città"", oppure emblema della forza vitale dell'amore, irresistibile e totalizzante. Nella tragedia di Euripide il problema della colpa individuale di Elena, responsabile o vittima della passione distruttrice da lei stessa suscitata, non viene risolto, ma eliminato alla radice. La tragedia propone infatti una variante paradossale del mito troiano: la donna amata da Paride è un fantasma, e la vera Elena trascorre in Egitto gli anni della guerra di Troia, rimanendo fedele al marito Menelao. La figura della protagonista si sdoppia in questo modo in una donna reale, incarnazione dell'ideale di amore coniugale monogamico, e in un essere incorporeo che con il suo adulterio infrange la morale dominante. L' ""Elena"" di Euripide è dunque, prima di tutto, un archetipo del tema del doppio, destinato, dopo grandi esempi nell'antichità (l' ""Anfitrione"" di Plauto) a percorrere le letterature occidentali con particolare fortuna, anche critica, otto-novecentesca (da Hoffmann a E.A. Poe, da Dostoevskij a Conrad, fino agli studi di Freud e di Otto Rank). Ma, legato all'identità bifronte della protagonista, si sviluppa anche un intreccio avventuroso che prevede inganni e vicissitudini attraverso le quali Elena e Menelao (dopo la guerra i due sposi si sono ricongiunti) fuggono dall'Egitto e rientrano in patria. In questo senso la tragedia ha esercitato un'influenza significativa sul romanzo ellenistico, e anticipa uno schema compositivo (amori e avventure, ma anche risvolti cupi o drammatici) che sarà poi dei drammi romanzeschi shakespeariani, la ""Tempesta"" prima di tutti. Edizione con testo a fronte."