Condannato a morte dagli invasori Kurgan, tradito dalla sua gente e dalla sua donna, Tah-Math, il grande cacciatore, lascia le pendici settentrionali del Caucaso per dirigersi verso la torrida pianura di Sumer. Un esilio doloroso che però servirà ad affinare la sua già straordinaria sensibilità verso il mondo della natura. Divenuto un mito e poi una difesa per gli umili e tiranneggiati agricoltori dell'Eufrate, attirerà su di sé il sospetto del potere costituito. Il confronto con Gilgamesh, re di Uruk, diviene allora inevitabile. La lotta in cui si affronteranno due uomini dotati di un carattere eccezionale sarà degna di un'epica: ma il suo imprevisto risultato sorprenderà dapprima i contendenti, poi e per migliaia di anni, i posteri che ne leggeranno commossi le straordinarie gesta.
Ho appena terminato di leggere Enkidu, e la prima impressione è che un romanzo storico così, non lo vedevo da anni. La figura del compagno del re Gilgamesh è un perfetto ritratto a tutto tondo e risulta perfettamente plausibile, e direi anche assai più comprensibile a noi moderni, di quanto riportato dall'antichissimo mito.
Colto, divertente, perfettamente aderente ai tempi e ai luoghi di cui narra, è al tempo stesso struggente e poetico, violento e tenero. I colpi di scena si susseguono, senza tradire la traccia del poema originale, fino al sorprendente colpo di scena finale.
Impossibile non restare profondamente coinvolti nelle avventure, gli amori e le guerre, narrati con una semplicità solo apparente di linguaggio, ma che non nasconde una raffinata padronanza culturale e storica. Apprezzabilissimi i corsivi in cui, senza mai interrompere la tensione narrativa, ci si riferisce all'originale sumero. Godibile sia da chi conosce i riferimenti storici di cui apprezzerà la collocazione, si da chi ne è a digiuno e vuole solo vivere una straordinara avventura seguendo le orme del "Signore delle Belve".
Arianna
Anonimo - 30/05/2012 14:26