È il settembre del 1838 quando una terribile burrasca si abbatte sulla Ibis, la goletta a due alberi in viaggio verso Mauritius con il suo carico di "coolie", di "delinquenti". Come un uccello mitologico in balia del vento, con il bompresso come un grande becco e le vele come due enormi ali spiegate, la Ibis resiste miracolosamente alla furia dell'uragano. Nel fracasso della tempesta, tuttavia, tra lampi, tuoni e marosi, una scialuppa si allontana lestamente dalla goletta. E una barca di fuggitivi e a bordo reca due lascari, i leggendari marinai che parlano una lingua tutta loro, e tre coolie che dovrebbero scontare la loro pena a Mauritius: Kalua l'ex lottatore strappato ai campi di papaveri indiani, Ah Fatt, il figlio di un ricco mercante di Bombay e di una donna cinese, Neel, il raja di Raskhali che ha sperperato la sua ricchezza, indebitandosi con i mercanti inglesi e finendo galeotto nella stiva della nave inglese. Qualche giorno dopo attracca a Mauritius un brigantino anch'esso male in arnese dopo una traversata segnata da disgrazie e tragedia: il Redruth di Fitcher Penrose, il cacciatore di piante. A Port Louis, però, Fitcher ha di che rallegrarsi. Nel porto di Mauritius fa, infatti, bella mostra di sé uno dei più venerati orti botanici del mondo in cui hanno prestato la loro opera lo scopritore della buganvillea e quello del pepe nero. Secondo volume della trilogia della Ibis.
La nostra recensione
Settembre 1938: una tempesta si abbatte sull'oceano indiano e quasi porta al naufragio la Ibis, una goletta a due alberi che per conto della Compagnia delle Indie orientali sta trasportando da Calcutta a Mauritius il suo lucroso carico: detenuti condannati ai lavori forzati. La stessa tempesta ha messo fine anche alla vita di coloro che si trovavano a bordo della Anahita, una nave della stessa compagnia che trasportava oppio a Canton? E quale destino si è invece abbattuto sui passeggeri della Redruth, un possente brigantino a due alberi partito dalla Cornovaglia e diretto anch'esso a Oriente?
È stata la violenza della natura, del cielo e del mare, a deviare il tragitto delle loro navi, oppure questo era il loro destino, alla mercè di forze ancor più possenti? Le navi inglesi approdano infine sulle coste della Cina. A Canton e negli altri porti commerciali del grande paese asiatico scambiano i loro carichi d'oppio con scatole di tè, seta, porcellana e argento. E a nulla valgono i tentativi dell'Imperatore di fermare quei traffici della tremenda sostanza che rende schiava la popolazione e rischia, mese dopo mese, approdo dopo approdo, di distruggerla tra le volute del suo fumo. Tra i vicoli e i canali affollati della Canton del diciannovesimo secolo, europei e asiatici cercano di far fronte ai personali drammi di ciò che ciascuno di essi ha perduto - e qualcuno anche a una nuova, inimmaginabile libertà.
Affascinante e coinvolgente secondo romanzo (dopo Mare di papaveri) di Amitav Ghosh sulla trilogia dedicata alla nascita dell'India moderna, la Trilogia dell'Ibis, Il fiume dell'oppio è uno dei grandi libri della letteratura indiana contemporanea.
Valeria Merlini