Autore scomodo e controverso, Giuseppe Berto arriva al successo letterario nell'immediato dopoguerra con "Il cielo è rosso" (1947), ma acquista una posizione di spicco quale innovatore della prosa romanzesca molti anni dopo con "Il male oscuro" (1964), continuando poi a provocare e scioccare il suo pubblico con la riscrittura dalla prospettiva di Giuda Iscariota della Passione di Cristo nel suo "La gloria" (1978). Questo studio si propone di rivalutare Berto per i suoi molti pregi di narratore sui generis, sempre staccato dalle mode stilistiche e dalle correnti dominanti. Mettendo in luce l'importanza dell'elemento autobiografico, la psicanalisi, il tema del suicidio e la riscrittura biblica, il saggio sintetizza gli elementi essenziali della produzione bertiana, riporta all'attenzione del pubblico un autore che per troppo tempo ha subito la sorte dell'emarginato e ne propone una rilettura attraverso la chiave della figura paterna, la scomoda autorità costituita (padre biologico, analista, Dio cristiano) con cui Berto si scontra costantemente e che diventa inevitabilmente fonte d'ispirazione letteraria.