Lungo tutto il primo millennio dell'era cristiana, le immagini religiose erano state elevate a una dignità che le avvicinava al potere simbolico del sacramento. L'icona, come verrà chiamata per antonomasia l'immagine sacra cristiana, era una vera e propria 'impronta' del soprannaturale, presenza reale dell'invisibile divino. Nei secoli moderni, questa gloria storica dell'icona perde progressivamente significato. Si inaugura, a partire dall'Umanesimo, quella che Giuliano Zanchi chiama in questo libro «l'epoca dell'Arte e della Ragione», in cui il pensiero scientifico diventa lo strumento di interfaccia col mondo e l'immagine viene codificata secondo i canoni squisitamente qualitativi della formalità artistica. È la fine di un mondo. La cultura religiosa si ritrova in esilio nella sua stessa epoca, guardata con sospetto e spesso assimilata alle regioni occulte della magia e della credulità. Eppure, la materia simbolica continua a muoversi, nella 'clandestinità' della devozione popolare. Compaiono immagini sacre 'residuali', spesso considerate irrilevanti, che però riescono ad aprire brecce a quanto era stato lasciato fuori da porte ormai chiuse. Zanchi ricostruisce qui la storia di alcune di queste 'immagini vive', prima fra tutte quella del Sacro Cuore, nata attorno alle visioni mistiche di Margherita Maria Alacoque nel Seicento e destinata a diventare vessillo della regalità di Cristo come esperienza tangibile, incarnata nell'umano. E poi le molte immagini miracolose, attive soprattutto dopo il Concilio di Trento, che agiscono come veicolo visivo degli affetti di Dio; le apparizioni mariane tra Ottocento e Novecento con la loro influente iconografia; il ritorno della Sindone di Torino grazie al 'miracolo' della fotografia. Storie minime di resistenza, che esprimono un disagio (verso la riduzione dell'immagine a mera funzione rappresentativa) e veicolano un rimosso (la potenza degli affetti come luoghi di un sapere più ampio ed effettuale). Storie che possono illuminare anche spazi della nostra 'civiltà delle immagini' piena di ibridi e commistioni, in cui nuove 'icone', di tutt'altro stampo e intenzioni, come un tempo tendono a scostarsi dallo spazio socialmente loro prestabilito e a reclamare la loro potenza simbolica divergente.