Orson Welles è stato l'artista più dirompente e decisivo dall'avvento del cinema sonoro. A ventitré anni sconvolse l'America annunciando alla radio l'invasione della Terra da parte di creature venute da Marte. A venticinque, con un'opera cruciale come Quarto potere, riscrisse la grammatica filmica imponendo tecniche come la profondità di campo, il long-take e il piano sequenza. Da allora la sua carriera fu una lotta incessante tra un talento artistico smisurato e le logiche asfissianti dell'industria cinematografica. Drammaticamente in anticipo sui tempi, visse il resto della sua vita affacciato su un precipizio. Da una parte la vertigine dell'arte, il demone della recitazione, la forza oscura che sprigionava dalle sequenze abbaglianti dei suoi film; dall'altra i mille compromessi, i ruoli svilenti accettati per finanziare l'ennesimo capolavoro, gli spettri della depressione, dell'alcol, del fallimento creativo e umano. E in mezzo a tutto questo, film e opere teatrali che vibrano della potenza dei grandi classici, dall'Orgoglio degli Amberson a Otello, dalla Signora di Shangai all'Infernale Quinlan. Un pomeriggio del 1968, fu proprio Welles a telefonare a Peter Bogdanovich allora giovane regista, poi diventato autore di prima grandezza per chiedergli di scrivere insieme a lui il libro-intervista a cui avrebbe affidato la sua verità e il suo riscatto: nacque così Il cinema secondo Orson Welles. Durante i loro colloqui, che durarono otto anni, tra Parigi, Hollywood, New York, Roma e molte altre città, Welles raccontò per intero la propria carriera, confessando con ironia e disincanto se stesso, la vita trascorsa girovagando da un set all'altro, lo sconfinato amore per il cinema. Lo sguardo vivido e divertito di Orson Welles, l'odore dei sigari che fumava ininterrottamente, la sua vorace imponenza rivivono in un libro che si affianca al Cinema secondo Hitchcock di François Truffaut per la capacità di far parlare il cinema attraverso la viva, insostituibile voce dei suoi maestri. E di raccontare il romanzo di un regista rivoluzionario, eccessivo, impetuoso, che seppe rompere le regole del dramma coniugando lo sguardo sul contemporaneo di Bertolt Brecht all'arte senza tempo di William Shakespeare.