Un adolescente partecipa a una battaglia di caccia al cinghiale con il padre e scopre la violenza della natura, l'emozione dei momenti cruciali ma anche la follia dell'uomo. Un nano ingaggiato in un circo diventa l'amante devoto di una mangiatrice di spade, e quando lei muore si uccide mentre il circo prende fuoco. Un proprietario terriero mentre acquista un toro, le cui furibonde scorribande saranno causa di disastri nella zona, ma la violenza dell'animale non è che lo specchio di un furore e di una follia che sono tutti umani. Sul Po due ragazzini s'imbattono in un coccodrillo; uno di loro viene trascinato via dalla bestia, cui inutilmente tutta la comunità del fiume darà la caccia. Una sequenza di figure e di storie padane d'oggi, cui si aggiungono la memoria indiretta (l'esecuzione di un uomo da parte dei partigiani alla fine della guerra) e l'evocazione di un passato remoto (un porcaio s'incammina verso il monastero di Bobbio per incontrare San Colombano, ma muore senza riuscire a parlargli). I personaggi dei racconti di Guido Conti si muovono in un mondo riconoscibilmente padano, in una dimensione fisica e geografica precisa, in un paesaggio che ha un'evidenza figurativa, pittorica. Ma questa fisicità - questo realismo così plastico, così denso - viene bilanciata da una continua tensione verso l'immaginario, il surreale, il grottesco, tanto che alcune storie sono deliberatamente fantastiche o affondano in un passato così remoto o leggendario da diventare irreale. In questa tensione, in questo felice attributo Guido Conti ha trovato la forma in cui esprimere la sua vitalità si scrittore, la sua autentica voce di narratore.