Scrivendole da Baghdad, il nuovo centro del mondo, il grande favolista dell'VIII secolo Al-Muqaffa incanta l'amata lontana, rimasta nella Persia da poco conquistata dall'Islam. L'emiro-poliziotto Gazvan indaga su una catena di efferati delitti perpetrati da una setta misteriosa. Il mistico Al-Hallag si interroga sui più profondi quesiti posti dalla religiosità musulmana e dagli intrecci del potere. Preciso come l'ordito degli antichi tappeti, ossessionato dal significato di ogni dettaglio, "Il divano orientale" ricostruisce l'implacabile marchingegno del persecutore e della vittima, dello straniero e della legge, dell'eretico e della ragion di stato. Una stupefacente macchina narrativa, un mosaico di storie, lettere, favole unite in un romanzo storico (o, si direbbe, in un originale thriller) che ha come personaggi i grandi protagonisti della cultura del medioevo islamico, si nutre degli spunti più vari (dalla letteratura araba all'orientalismo goethiano, accennato sin dal titolo) e rimanda al lettore infinite suggestioni. Karahasan sembra restituirci l'immagine dell'Occidente, riflessa nello specchio rovesciato di un Islam in cerca di nemici da sacrificare. Per esorcizzare l'indomabilità del male, la fragilità di ogni ordine?