Questo romanzo è la storia tragicomica di un pentimento: il signor Bianco, insegnante in pensione, un uomo tranquillo che vive nella certezza di non aver mai fatto del male a nessuno, scivola improvvisamente in un incubo persecutorio: chi gli augura la morte? Chi lo minaccia dalle vetrine dei negozi? Chi gli manda lettere minatorie? Dal passato del signor Bianco riemerge la figura di un bambino, Jean Petofì, un compagno di scuola di origine ungherese sottoposto alle violenze psicologiche di due capobranco, sostenuti da una classe vigliaccamente succube. Miserie dell'infanzia che tornano a perseguitare il protagonista a distanza di decenni. Riuscirà il signor Bianco a farsi perdonare e a perdonarsi?
Sull'ultima di copertina sono riportati, fra altri elementi, gli stralci di recensioni apparse su giornali francesi, in verità tutte azzeccate, ma forse la più riuscita è quella de La Provence <>.
In effetti, come noir è del tutto atipico, anzi l'aspetto saliente è quello di un romanzo di introspezione, che alterna momenti di ilarità con altri di profonda malinconia, ma senza che queste apparenti contrapposizioni finiscano con lo svilirne l'intima essenza, cioè la storia di un'autentica, sofferta espiazione. La drammaticità è psicologica in un uomo che arrivato a un certo punto di una vita condotta quasi nell'anonimato comincia a ricevere strani messaggi composti da due sole parole: Pagherai, szemét! L'ultima, che è ungherese, tradotta significa infame.
E il nostro personaggio, di nome Bianco, si arrovella sempre di più non riuscendo a capacitarsi come lui, sempre attento a non urtare mai nessuno, abbia potuto compiere qualche gesto o qualche atto che possa giustificare una simile reazione.
Procede quindi a un esame a ritroso di tutta la sua vita arrivando alla sua pubertà e all'ambiente scolastico, da cui poco a poco emergono i contorni di una vicenda di cui, a distanza di tempo, prova rimorso.
Giunge a questo risultato attraverso una serie di quadri del periodo scolare che, se da un lato possono muovere alla risata, dall'altro rivelano squallori di intensa drammaticità.
Così troviamo alunni scalcinati, altri due prepotenti e sadici, un ragazzo di origini ungheresi di sicura personalità e raffinatezza, tanto da apparire nell'ambiente un pesce fuor d'acqua, e lui, il signor Bianco, che cerca di tenersi buoni tutti, soprattutto quelli che comandano e sottopongono gli altri ad angherie, fino al punto di dare il colpo di grazia a una vittima sacrificale, proprio il magiaro.
Il ripiombare, con il ricordo, nell'abiezione del proprio comportamento ingenera il rimorso e il disperato tentativo di porre un tardivo rimedio.
Giocato esclusivamente sul filo psicologico, ma con grande abilità e senza mai che ci sia una caduta di ritmo, o che si verifichino passi improvvisi che appesantiscono la narrazione, Il peggiore di tutti è un gran bel romanzo, piacevole da leggere e che fa molto riflettere.
Il peggiore di tutti
Grizzly - 02/03/2008 16:22
4/
5
Definirei questo libro un noir atipico, che affronta sia il tema sempre attuale del bullismo, sia la critica quasi metafisica dello spirito di prevaricazione che è in ognuno di noi, anche nell'uomo all'apparenza più inoffensivo. Geniali e pieni di umorismo sofisticato sono i sogni del protagonista, nei quali parla con Dylan Dog e il suo assistente Groucho. Buona lettura:)
Renzo Montagnoli - 16/03/2008 10:35
Grizzly - 02/03/2008 16:22