Il problema dell'empatia, un'opera di alto valore scientifico, viene qui presentata per la prima volta in lingua italiana. Posto ai confini tra filosofia e psicologia, questo studio mostra come si possa esperire la coscienza altrui, per giungere alla comprensione delle persone con cui entriamo in rapporto.
Nella "descrizione" (vedi sopra) si dice che quest'opera "viene qui presentata per la prima volta in lingua italiana". In realtà si tratta della ristampa di un'edizione del 1998, che a sua volta seguiva ad una diversa edizione del 1992. Ciò non toglie davvero nulla all'aspetto di novità di un'opera che la Stein ha presentato nel 1917 come tesi di laurea con Husserl, di cui diventerà assistente dopo la morte al fronte di Reinach e prima di Heidegger.
Quando Edith Stein compone quest'opera è ancora una studentessa agnostica, angosciata per il crollo di un intero mondo, anche intellettuale, di cui la guerra svela le fragilissime basi. Con una lucida visione dei limiti costitutivi dell'antropocentrismo moderno, declinato ormai come soggettivismo, in anticipo sui filosofi dell'alterità come Levinas, ebreo come lei stessa, la Stein descrive quell'esperienza umanissima, alla portata di tutti, che chiama empatia, come l'unica strada per guadagnare la certezza di se stessi e del mondo e per affacciarsi sull'Oltre trascendente. Quest'ultima cosa non la vuole proprio fare, in questo libro ("non liquet", scrive nell'ultima pagina), ma lo farà con il tutto resto della propria esistenza.
Adriano Nicolussi
adriano nicolussi - 24/05/2013 22:46