Un giovane prussiano 'fin de race', ancora mosso da qualche residuo impulso aristocratico-militare, cresce nell'esercito della Polonia comunista. E un giorno passa all'Occidente. Non si aspetta né "più libertà", né un mondo a lui affine. Sa di essere solo: è un "anarca", uno spirito stirneriano mimetizzato nel regno della macchina. E proprio qui trova l'impresa adatta a lui: una multinazionale delle pompe funebri, che gestisce la morte come un problema industriale su vasta scala. Con freddezza e praticità, si dedica al progetto di uno sterminato cimitero centrale del pianeta, da situare in Turchia. Là, in cunicoli senza fine, nascerà un immane club dei morti, che affluiscono a migliaia da ogni paese. Talvolta sono intere sette che si prenotano, nella speranza di una quiete indisturbabile accanto al loro guru. Nella sua creativa vacchiaia, Juenger è rimasto non meno temibile e provocatorio di quando, adolescente, fuggì di casa per arruolarsi nella Legione Straniera. Questo suo recente romanzo (1982) è un apologo beffardo e penetrante su un mondo, il nostro, che non sa bene cosa fare della morte. E tanto basta a svelare la sua inconsistenza. Come sempre, con demonica percettività, Juenger non si oppone frontalmente a ciò che lo circonda ma vuole spingerlo all'estremo. La sua formula è quella di svellere le basi del mondo nichilista con una carica di nichilismo ancora maggiore. Non è forse il mondo segretamente ossessionato dall'immagine di scavatrici che sventrano le tombe? Non è forse vero che "il terreno si muove verso la capitale" e nessun luogo di riposo è garantito per sempre? A questo risponde il sogno di "Terrestra", la multinazionale delle pompe funebri di cui qui si racconta la lugubre ed esilarante avventura.
Anonimo - 28/08/2010 16:21