Dalla fine della guerra fredda esiste ormai una sola grande potenza mondiale. Per dieci anni, dal 1991 al 2001, ci siamo chiesti quale uso gli americani avrebbero fatto del loro potere, ma abbiamo ricevuto messaggi ambigui. Oggi, dopo l'11 settembre il quadro è più chiaro. Gli attacchi terroristici hanno permesso a una parte della classe politica americana di proporre con forza le soluzioni e le formule che erano state teorizzate negli anni precedenti. Prende corpo così un nuovo impero. Controllerà il mondo con una rete di basi militari che permetteranno di intervenire e colpire in ogni parte del pianeta, applicherà le proprie leggi al di fuori del territorio nazionale, non si opporrà alla creazione di un nuovo diritto internazionale.
Un buon libro. Come al solito Sergio Romano è chiaro e circostanziato nell'esposizione. Il volume è un articolato atto di accusa all'Europa basato su di una precisa convinzione dell'autore: l'irrilevanza del Vecchio Continente nei confronti degli Stati Uniti nell'ambito dello scacchiere politico internazionale.
Il fatto che per Romano l'Europa non reciti il ruolo di una grande potenza mondiale, ma assomigli piuttosto ad una ''grossa Svizzera... incapace di deviare l'America dalla sua ambiziosa strategia globale'' è dovuto principalmente alla mancanza di una Costituzione europea, di un Ministro degli Esteri europeo e di un esercito europeo. Non solo: l'incapacità dell'UE di svolgere un ruolo almeno di moderatore nei confronti degli USA è dovuta anche al debito morale ed economico contratto nel corso dei due conflitti mondiali.
Questo debito, sempre secondo Romano, andrebbe però riesaminato senza esagerare in ''esercizi retorici'' da parte dei vari governi europei ed anzi sarebbe da considerare come una sorta di risultante dei calcoli americani tra errori passati ed interessi futuri.
Il testo mette bene in evidenza come una parte dell'UE risponda all'intraprendenza americana in campo internazionale con accondiscendenza (Italia, Spagna, Germania del dopo-unificazione), oppure con spavalderia di stampo gollista (la Francia di Chirac), oppure con incondizionato appoggio (Gran Bretagna) per motivi storico-linguistici.
Al di là dei giudizi che l'autore dà sull'opportunità degli Stati Uniti nell'aver scatenato la guerra contro l'Iraq, emerge chiaro un concetto che condivido: se la vecchia Europa continuerà a limitare il proprio raggio d'azione alla diplomazia, la politica imperialista americana (così la definisce Romano), priva di un freno europeo, potrebbe finire per cozzare contro gli interessi di quel grande colosso asiatico che è la Cina.
E allora le conseguenze, peraltro difficilmente ipotizzabili, potrebbero sconvolgere il cosiddetto ordine mondiale. In definitiva il libro non presenta grosse novità, tuttavia rivela un Sergio Romano, solitamente distaccato, prendere posizione netta su argomenti che hanno fatto e faranno ancora molto discutere.
Il rischio americano
Paolo Miscia - 03/03/2003 12:34
2/
5
Strano libretto: ha il sapore annacquato dell'istant book e un fastidioso retrogusto di paternale.
Sergio Romano ci accompagna per mano lungo una rapida ricostruzione degli ultimi cento e passa anni di politica estera americana: le guerre contro gli Inglesi, le prime colonie caraibiche, poi le tre grandi Guerre (prima, seconda e fredda), infine l'ormai mitico ''crollo del muro'', Desert Storm e - finalmente - l'Iraq (sempre narrando al passato remoto, anche gli eventi di due settimane fa...).
In poco più di cento pagine (scritte grosse e coi margini stile tema in terza media), è facile immaginare il livello di profondità raggiunto. Peggio ancora, quasi tutto sa di già sentito, e non ci sono particolari intuizioni, nè di forma nè di sostanza.
Sentivamo forse la necessità di un'autorevole conferma per affermazioni del tipo ''l'Europa deve far sentire la propria voce in politica estera'' ma ''deve restare unita'' e ''non sarebbe credibile senza una propria capacità militare''? Direi di no.
Il libro potrebbe essere utile a chi - in poco più di due ore - vuole conoscere una ricostruzione superficiale ma organica delle radici del conflitto.
Chi invece questo quadro se l'è già costruito, può tranquillamente lasciar perdere.
MASSIMO MAZZA - 15/08/2003 22:55
Paolo Miscia - 03/03/2003 12:34