Quando, nella primavera del 1914, Josef Iljasic parte da un villaggio austroungarico verso l'America, sua moglie Agnes è sicura che presto farà ritorno a casa. Invece, la Grande Guerra li dividerà per sei anni. Agnes e sua suocera - che tutti chiamano Staramajka (vecchia madre) - non si sentono certo arenate a Novo Selo. Senza i due figli della Staramajka - Josef a Milwaukee e Marko sperduto sul fronte russo - le due donne ringraziano il cielo per l'arrivo di un turco (un prigioniero di fede musulmana comparso nel granaio) che le aiuta nei lavori pesanti. Ottant'anni piú tardi, a Milwaukee, George, il nipote piú anziano della Staramajka, dal letto di morte ammette che "è difficile descrivere sua madre Agnes con amore", ma ciò non gli impedisce di raccontare la segreta passione di lei con il turco, e tutte le vicende e gli amori proibiti che hanno inseguito la famiglia sui due lati dell'oceano. E quando "Il turco di mia madre" giunge al suo sorprendente finale, saranno cinque le storie d'amore portate alla luce. Un romanzo che attraversa il Novecento mettendo in fila i segreti di una famiglia: perché prima bisogna ricordare, poi perdonare e infine dimenticare.
Le storie, piccole e sconosciute degli individui, che rimarrebbero ivisibili nell'infinito muoversi delle correnti umane, nello scorrere della STORIA. Ed invece qualcuno le insegue attraverso spazi sconfinati, e le ricostruisce attraverso le memorie di molti, e le racconta. Ho nuotato con Jelena nelle acque della Drava quando il sangue del primo conflitto mondiale non le aveva macchiate di rosso. Ho percepito l'atmosfera di quel mondo fabuloso in cui con i carrozzoni degli zingari arrivava la musica, e le vacche riconoscevano il loro padrone dalla voce. Quanto grigio doveva essere quell'altro mondo, a confronto, sulle sponde del lago.
Michigan, Milwaukee, dove in un immenso calderone di idiomi e tratti somatici, erano tutti solo lavoratori. Chi è partito, però, in quel grigio, sarà in salvo degli orrori che toccherà vedere a chi è rimasto nel lontano mondo fabuolso. Impalpabile e sotterranea, nelle storie, la certezza che ogni emozione lasci traccia palpabile di sè attraverso il tempo e lo spazio, e che ogni storia muova da un sentimento.
A lettura ultimata, mi si accende la voglia di ripercorrre le trame sfilaccialte della mia famiglia, tra generazioni di migranti. Dove sono arrivati? Fin dove si sono spinti? Dove sono finiti? Dove finiremo?
Anna Laforenza - 08/01/2008 11:57