A prima vista questi racconti tracciano una fenomenologia del malessere: eventi e personaggi difficili, disarticolati, scissi, che sconfinano su un versante con la psichiatria e le relative prescrizioni di psicofarmaci, sull'altro con l'auto-prescrizione di sostanze psicotrope o degli stessi psicofarmaci in miscele inquietanti. Sotto questo primo strato si sviluppa un intreccio volutamente fluido tra finzione e autobiografia, in un gioco di specchi e rimandi, che disegna una seconda, più universale fenomenologia, composta di passioni, incontri e contatti tra membri di una umanità sofferente, ciascuno compreso e assorbito nella sua personale dimensione della fatica del vivere, ciascuno alla ricerca di oasi fugaci in cui respirare e sentirsi vivo, foss'anche solo per una manciata di minuti. Il ponte tra le due dimensioni è costituito da una scrittura scolpita, controllata come una natura morta, ma capace di slanci improvvisi.