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«Nessun pensatore dell'Ottocento ha avuto un'influenza così diretta, meditata e profonda sull'umanità quanto quella esercitata da Karl Marx ». L'incipit di questo libro ha la cadenza perentoria del dato acquisito, eppure registra un paradosso: Marx non possedeva né «le qualità che fanno un grande capo» (come Herzen), né la «meravigliosa eloquenza » di Bakunin, né un qualsivoglia tratto che suscitasse l'«intensa, quasi religiosa venerazione dei discepoli» (come Kossuth o Mazzini). Muovendo da questo enigma, Berlin ripercorre magistralmente gli eventi "esterni" della biografia di Marx e gli aspetti salienti della sua formazione intellettuale (la mediazione tra l'empirismo scientifico dei francesi e lo storicismo metafisico dei tedeschi; il peso decisivo della «critica della religione»; la passione divorante per la letteratura). E ci fa via via scoprire come Marx, «pensatore dogmatico e pedante», interessato più alle teorie che agli uomini, sia tuttavia riuscito a cogliere lucidamente gli effetti dell'economia e dell'ideologia sulla società, inquadrandoli in una serie di prognosi di impressionante esattezza, a partire da quella sull'influenza decisiva dei mutamenti tecnologici e del capitale finanziario. Quello di Berlin è dunque un Marx opportunamente depurato da ogni presunta ortodossia - aderente al suo celebre autoritratto: «Solo una cosa posso dire, e cioè che non sono, in nessun modo, marxista!».
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