Ismaele, Dino e Sofia hanno quarantadue anni in tre quando nel 1989, in una sera di fine estate, rapiscono la luna in segno di protesta.
Vivono a Santa Giustina, un lontanissimo paese fatto di baite di legno ai piedi delle Dolomiti che sta per essere sommerso da un lago artificiale, portandosi dietro tutti i loro ricordi, le gare con le lumache, il prato del castagno, i primi baci.
Il progetto della diga risale al 1946. Ai tempi, gli abitanti di Santa Giustina non accettarono di abbandonare le loro case per trasferirsi al "paese nuovo" e rinunciarono ai benefici promessi nel caso di una resa immediata. Si avvicina però il momento dell'esproprio definitivo.
Proprio negli anni Quaranta si sono conosciuti Elio e Teresa, e precisamente il 19 marzo 1946, in un bar Sport gremito di una folla accalcata per seguire la cronaca radiofonica della prima Milano-Sanremo del dopoguerra.
Senza essersi mai visti né incontrati, Elio e Teresa - ormai anziani e da sempre innamorati l'uno dell'altra e del loro paese vicino a Milano - e i quattordicenni Dino, Ismaele e Sofia sono tormentati dalle stesse domande: "dove vanno a finire le cose infinite?", "dove si nascondono l'infanzia, l'amore o il dolore quando di colpo svaniscono?".
E se Elio, per rispondere, costruisce mappamondi dalle geografie tutte inventate e sbagliate - descrivendo così la terra magica dove abita l'invisibile e costringendo Teresa a correggere tutto con puntiglioso realismo -, i bimbi di Santa Giustina via via che crescono si allenano a non smettere di scorgere l'invisibile tra le pieghe del reale e a conservarlo a modo loro, in una sorta di gioco segreto.
In una danza fatta di immaginazione, ricordo ed elaborazione del lutto, Teresa incontrerà i bambini diventati adulti nella notte più incredibile delle loro vite: quella durante la quale, per pochi istanti di eternità, riemergerà il paese sommerso di Santa Giustina. E con lui l'amore, il dolore, l'infanzia e tutta la meraviglia che si nasconde nell'invisibile.
In uno stile romantico e inimitabile, capace di portare in poche pagine il lettore dal riso alla commozione più profonda, Alessandro Barbaglia con questo suo secondo romanzo regala a chi lo legge un gioiello che raggiunge straordinarie vette di intensità e poesia.
Cè un vero confine tra il reale e la fantasia? Tra ciò in cui noi crediamo e ciò in cui gli altri credono?
Qual è listante in cui crescendo diventa necessario smettere di fantasticare? E se quellistante non arrivasse mai?
Questo libro ci racconta le storie di un gruppo di ragazzi che hanno vissuto con la fantasia come compagna, chi per via degli amici e chi per via di un amore, quel genere di fantasia capace di farci viaggiare, ragionare e compiere imprese eroiche, come quella di rubare la luna e poi, dopo anni, riposizionarla nel cielo.
Le storie dei protagonisti partono da punti totalmente separati per poi avvicinarsi sempre di più, in periodi e in modi differenti, con storie più o meno comuni.
Lo stile di scrittura riesce a bilanciare la lentezza centrale del romanzo, immergendo però il lettore nelle descrizioni accurate che lautore riesce a dare di luoghi, fatti e persone.
Il modo migliore per capire questo romanzo è quello di leggerlo con gli occhi di un bambino e la comprensione di un adulto, per potersi trovare piccoli ancora una volta, anche se solo per il numero di queste pagine; per poter capire come gli stessi occhi riescano a percepire forme differenti.
Asia Paglino - 10/05/2019 14:51