«Un libro singolare e molto bello, diario di alcune stagioni in campagna, tra riflessioni ed esperienze diverse a contatto con la natura.» L'Avvenire - Fulvio Panzeri
«Questo libro, che parla di orti e di libri, ha un sapore antico e ci dice che anche oggi si possono fare scelte semplici e misurare il valore delle proprie mani.» la Repubblica - Paolo Mauri
«Questa è la felicità per la scrittrice, la felicità nuova di sentirsi riconciliata con la natura e di avere voglia di raccontarla. L'apprendista contadina si fa, pagina dopo pagina, più brava e più sicura. E naturalmente più invidiabile. » IO Donna - Giulia Borgese
Quando ci siano fuori ad attenderci un orto o un giardino, non si vorrebbe far altro. È la pace. Un senso di pienezza. Quella beatitudine che fa assaporare il vento, le nuvole nel cielo azzurro, il pendio di una collina, uno scroscio di pioggia. Quasi si ha pudore di riconoscersi appagati per così poco. Più facile sfoggiare tutto quello che ci hanno condizionato a desiderare ma non è mai servito a renderci felici. Cedendo a un desiderio che aveva da sempre, quello di vivere in campagna, l'autrice si trasferisce in un podere. Dove si scopre analfabeta. Nel senso: non sa fare assolutamente niente. Ma non si scoraggia, anzi: intuisce che inizia lì l'avventura che la porterà a una terra sconosciuta, o meglio: alla terra. Occupandosi di alberi da frutta e ortaggi, impara a conoscere il mondo naturale, intreccia nuove amicizie, trova maestri che le trasmettono la loro esperienza. Soprattutto, scopre una felicità che non aveva mai assaporato e prova il desiderio di raccontarla. Chissà se, avvertiti di questa felicità, ci accorgeremo di avere bisogno di infinitamente meno per sentirci appagati. Di essere più liberi di quanto crediamo, che invertire il senso di marcia, smettere di distruggere il nostro pianeta, sarebbe, dopo tutto, possibile. Che coltivare il cibo che mangiamo, renderci il più possibile autonomi dal mercato, non sprecare, inquinare un po' meno è un modo degno di vivere e lasciar vivere. Cronaca di un apprendistato orticolo, L'orto di un perdigiorno si conclude con la dispensa piena ma soprattutto con un invito alla riconciliazione con la natura.