Lo studio delle carte dell'Archivio Giovanni e Vanni Scheiwiller (conservato presso il Centro APICE dell'Università degli Studi di Milano) ha permesso di restituire all'attenzione della critica sconosciuti tasselli della storia della poesia reboriana. Nella prima parte del libro, infatti, viene sottolineato come la relazione umana e professionale intrecciata da Clemente Rebora con Vanni Scheiwiller incoraggi il vecchio e ormai malato sacerdote al recupero di una scrittura letterariamente concepita e come, sulla base di questa relazione, venga codificata e trasmessa una particolare immagine del corpus poetico. Nella seconda parte, è descritta l'attività condotta dallo stesso Scheiwiller, dopo la morte del poeta (1957), per diffondere una nuova consapevolezza critica e contribuire all'affermazione dell'opera reboriana. Approfondendo l'indagine sui molteplici spazi in cui si esercitò l'iniziativa di Vanni Scheiwiller e presentando l'orientamento ermeneutico da lui suggerito con le sue edizioni, da un lato trovano una loro compiuta e più precisa definizione le intenzioni dell'autore, dall'altro la storia della ricezione critica di Clemente Rebora risulta ampiamente arricchita.