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In un mondo in cui l'individuo ha l'impressione crescente di essere guidato da un potere che lo trascende, Roberto Escobar indica la possibilità e, anzi, la necessità, di riappropriarsi della signoria sulle proprie vite. Qual è il ruolo politico dell'occhio? In una prospettiva forse ovvia, i pochi "tengono d'occhio" i molti e lo sguardo del potere appare totale. Al tempo stesso, però, orientando il proprio sguardo verso i pochi e verso il loro "splendore" - corti, palazzi, monumenti, riti, simboli, spettacoli - i molti ne ricavano visioni del mondo e modelli di vita. Ma davvero si esaurisce in questo il senso politico del guardare ed esser guardati? Davvero lo "stare di fronte" è tutto dominato da un lato dalla sorveglianza occhiuta del potere, dall'altro dalla propensione a farsi imporre legittimità, giustizia, biografie? Sulla scorta delle idee di Camus, Canetti e Simmel, delle creazioni letterarie di Greene, Pasolini e Karen Blixen, nonché delle suggestioni pittoriche di Pieter Bruegel e di quelle cinematografiche di Peter Weir, l'autore afferma, con grande passione civile, la propria volontà di vincere la terribilità dei tempi ritrovando proprio nell'occhio la promessa d'una libertà imprevista.