Essere comunisti a Cavriago voleva dire usare testa e mani per costruire tutti assieme il proprio cinema, la propria balera, il proprio futuro, in nome dell'emancipazione dell'umanità. Ma anche spedire un telegramma a Lenin e nominarlo sindaco onorario, scontrarsi coi cattolici per il film su Peppone e don Camillo, disperarsi per la morte di Stalin, servire lambrusco e rane fritte alla festa dell'Unità. Essere comunisti era prima di tutto un sentimento: sapere di essere dalla parte giusta del mondo. Massimo Zamboni ci accompagna in questo viaggio nel tempo, a partire da quella piccola Pietroburgo nostrana dove ancora oggi campeggia il busto di Lenin, facendoci precipitare in un'epoca in cui tutto sembrava possibile, persino la rivoluzione. «E se non saremo noi a vederla trionfare, e se non sarà da noi e avrà altri nomi forse, altri modi, chissà dove, duecento, trecento, mille anni, vedrete: la trionferà».
Nel paese dove è nata Orietta Berti cè Piazza Lenin e in mezzo, un busto di Lenin. Le parole di `Piccola Pietroburgo degli Offlaga Disco Pax possono descrivere al meglio la suggestiva atmosfera di Cavriago, il paese più rosso dellEmilia rossa. Essere comunisti a Cavriago non è semplicemente parteggiare per unidea politica, è un vero e proprio stile di vita. Massimo Zamboni, nel suo libro, rievoca le voci e le emozioni che hanno portato Cavriago sulle pagine della Pravda e nel cuore dei compagni dellUnione Sovietica.
Un viaggio che parte da lontano, dal basso, dagli uomini di sani principi e grandi valori, da una pagina dellAvanti! finita sulla scrivania di Lenin e terminata con Occhetto nel `91.
Un libro destinato a chi vuole ricordare la storia di un mondo ormai antico, di quel tempo in cui si era Comunisti o Democristiani, in cui la politica era un mestiere e non una ricerca di popolarità.
Consiglio questo libro agli appassionati di storia, soprattutto del Novecento. Sicuramente chi ha vissuto quei ricordi potrà immedesimarsi meglio nel saggio-romanzo.
Morris Marranzano - 09/07/2023 15:44