Nei dialoghi con la morte, si scherza e si ragiona riflettendo sulle cose del vivere e del trapasso. Non c'è solo tristezza e rimpianto, ma anche satira e scherno, sberleffo, smorfia e derisione, soprattutto però è evidenziata la superiorità della morte, ed una sua egemonia, anteposta e vincitrice sui poteri degli stati, della Chiesa, sui sistemi e maneggi degli uomini. Le parole della Morte non sono pronunciate per rappresentare il reale che si sta mutando in reale-nulla, ma divengono reali nel momento stesso in cui si impone la loro significanza. In esse è richiamata la fine senza nascondimenti, ed il nulla è manifestato senza reticenze. Non vi è alcuna differenza tra ciò che è detto e il significato; la morte che tra pochi attimi si realizzerà, non è taciuta né nascosta, non vi sono residui di non detto o significati nascosti; nelle parole la separazione che sta avvenendo esplicita una risoluzione totale in cui il presente diviene passato, e a brevissimo non sarà più. Il testo chiarisce l'evoluzione delle opere dal carattere escatologico, evidenziando la loro diffusione a partire dal XII secolo, presenti in tutta Europa ma segnatamente in Francia.