"Con molte bestie feroci che abitano in noi si può dialogare, o cercare di stabilire rapporti epistolari, come ha fatto G.". Così si apriva "Teatro con bosco e animali" di Giuliano Scabia, pubblicato da Einaudi nel 1987. Quella raccolta di miti e poemi cominciava con le "lettere al lupo", cui ora l'autore aggiunge una nuova serie fino a formare un libro autonomo e originale nato nel giro di diciotto anni. Il narratore si rivolge a una creatura apparentemente spaventosa e avversa scoprendo in lei un interlocutore comprensivo e affettuoso. Al lupo (un lupo immaginato: è l'unico essere immaginario nel racconto realistico delle lettere) confessa le ansie degli uomini, le paure, le malinconie, con un'affabilità e una sincerità che forse non sarebbero possibili parlando a un proprio simile. Anzi, mettendo in gioco la stupidità dell'uomo post-industriale, il narratore arriva a invocare il lupo come una divinità naturale perché aiuti l'essere umano "a ritrovare i fondamenti del gioco e dell'amore". La formula epistolare, in cui ha diritto d'accesso tutta una quotidianità familiare e intima, favorisce una parola diretta che Scabia distilla con cura e sapienza: stile colloquiale, ma al suo massimo stato di grazia, essiccato e tagliente. Senza tradire nessun intento didattico o edificante, queste prose fulminanti colpiscono nel profondo e cercano la verità come solo certi miti arcaici riescono a fare.