Una silloge che canta la miseria ma che eleva, nel grande sforzo della poetessa di tracciare le rotte dei venti verso oceani interiori capaci di risorgere come la Fenice dalle ceneri. Il dramma travolge tutto il testo, tanto da sentire le ferite laceranti delle persone traslate in un immaginario collettivo ed esistenziale più ampio. Un respiro strozzato che tuttavia risale, piegandosi negli attimi della vita.