"Malina" è la storia di un abnorme triangolo amoroso e di un abnorme assassinio. Leggibile sui più diversi piani, immediato e insieme carico di riferimenti nascosti, quasi temerario nel toccare anche l'attualità più intrattabile o la più proibita realtà dei sentimenti, questo romanzo narra una storia che ha la massima concretezza, facendola però coincidere con un delirio segreto che appartiene a un'altra realtà, con una favola nera che un mondo visibile potrebbe difficilmente ospitare.
L'effetto che produce una scrittura così concreta e spogliata in apparenza di ogni significato analogico, comè il caso di questo romanzo, è di estremo straniamento. Lo stile sviluppato dalla Bachmann, dalla forte pregnanza teorica e filosofica, scarnisce la lingua ad uno scheletro da riempire soggettivamente di significati. Questidea di disgregazione, rapportabile anche alla storia e allidentità dei personaggi, potrebbe risultare snervante per chi legge, meccanicistica e dunque agli antipodi dellidea di unarte intuitiva. Ivan e Malina sono le proiezioni complementari di un uomo completo di cui ha bisogno lio femminile narrante? Uno dei due uccide laltro? Incesto di lei subito dal padre? Rimozioni e carenze psicanalitiche da ricollegare alla stessa incombente presenza paterna? Tutte le ipotesi sono buone e tutte fuorvianti, non può esistere una verità univoca da scoprire, e quindi ogni discussione al riguardo può risolversi in uno stucchevole esercizio dialettico.
Insomma, tranne qualche saliente episodio estrapolabile e di per sé autonomo, Malina è un romanzo con cui si fa a pugni: anticlassico, antipoetico, sperimentale o che dir si voglia, rischia di ridurre la letteratura a strumento freddo ed analitico di una concezione filosofica di fondo. Ben al di là di quello che pure molti maestri hanno conseguito con opere di valore assoluto, in cui lo sperimentalismo ha a sua volta raggiunto i canoni della classicità per avere paradigmaticamente dato voce e forma a intuizioni universalizzanti.
Andrea Santurbano - 10/06/2014 14:35