Una lingua nuova, comica e potente, per raccontare la storia di una famiglia, la famiglia Sevilla Mendoza, sarda "sin dal Paleolitico superiore". Chi narra è la figlia che ama un uomo sposato dai gusti perversi: e di amore si parla molto in famiglia, e si parla molto di sesso, e di morte, e di Dio, di cui non si riesce mai a decidere se c'è o non c'è, se vuole o non vuole, e della vita, che è come stare in bocca a un pescecane, che a volte si addormenta, e allora, se hai fortuna, riesci a sgusciarne fuori.
Rispetto al più famoso ''Mal di pietre'', questo primo libro di Milena Agus ha una trama più confusa ed è decisamente più tormentato e morboso.
Racconta la storia della famiglia dell' autrice, bizzarra e problematica, composta da un fratello che trascorre tutto il tempo a suonare chiuso nella sua stanza, una madre perennemente in ansia, una zia bellissima che non riesce a trovare l' amore vero e duraturo nei suoi fidanzati che la abbandonano puntualmente, un padre che non c' è mai, una nonna che si ritrova spettatrice dei disastri dei familiari, e la stessa narratrice che non riesce a trovare un uomo che si innamori davvero di lei. Viste le premesse, potrebbe sembrare una lettura leggera, ma, al contrario, il contenuto è molto triste. Alla fine c' è, fortunatamente, un barlume di speranza, senza la quale la lettura del libro sarebbe stata probabilmente troppo deprimente. Ci sono spunti che possono far riflettere, soprattutto sul modo che ha la gente di concepire la vita. I personaggi, proprio perchè sono persone reali, incarnano bene i problemi e le afflizioni che capita spesso di dover affrontare. Caty
Anonimo - 30/07/2007 15:07