Ad apertura di libro una voce, eco proveniente dal fondo di una caverna, ci sorprende e ci soggioga: la voce di un vecchio, roca e limpida, terribile e incantevole, spietatamente dura e intensamente commossa. E'quella di Merlino, profeta bardo sciamano, figlio di Satana e di una vergine, "luogo vivente di tutti i contrari". Condannato a un'immortalità che altro non è se non il perpetuarsi del lutto per la perdita di chi ha amato, il Mago si è rifugiato eremita nella foresta e in un disperato tentativo di riscattare la propria opera dall'oblio del tempo, decide di affidare al racconto i brandelli di un'esistenza le cui origini si perdono oltre l'orizzonte della storia. Nelle sue parole rivivono così le gesta di un mondo tanto meraviglioso quanto spaventoso, fatto di "donne, cavalieri, armi e amori"; ma soprattutto nelle sue parole si riaffaccia prepotente il duello tra la propria fede illuministica nel potere ordinatore della ragione, e Morgana, irresistibile 'dark lady' paladina del caos. Riuscirà infine Merlino a bandire per sempre l'adorata figlia adottiva, colei che un giorno, bambina dallo sguardo verde già trapunto d'odio, gli aveva confidato di voler essere più crudele di Dio e degli uomini? Dura un'intera vita lo scontro fra i due, sanguinoso come un torneo medievale, implacabile come ogni conflitto d'amore, corrusco come la più nera delle avventure gotiche. Saga cavalleresca, allegoria filosofica, prosa lirica, elogio della memoria, monumento della parola non meno imperitura della pietra scolpita, malinconica riflessione sulla condizione umana, in un romanzo prezioso e senza tempo, da leggere e forse rileggere tanto più ora che ha trovato il suo naturale sdoppiamento in "Morgana", nuova sciente creatura del canone celtico di Michel Rio.