Alla ricerca dell'agiatezza, o magari solo per campare, gli scrittori si sono dedicati ai mestieri più vari, da saltimbanco a cercatore d'oro, da fornaio a industriale, da contrabbandiere d'oppio a fuochista in Cina: e poi piloti, tagliatori di teste, poliziotti, medici, doganieri, piazzisti di bigiotteria; tutti lavori che hanno finito per affacciarsi nella scrittura. Il mestiere più prestigioso lo ha praticato Malraux, che è stato ministro; Jack London ha collezionato infiniti mestieri, fu per esempio fiociniere su baleniere dell'Artico; Colette aprì nel 1932 un Istituto di bellezza; George Orwell dalla Polizia Imperiale in Birmania passò a miserrime condizioni, lavapiatti e barbone; pensava di conoscere così il mondo e guadagnarsi la condizione di letterato. Gorki fece mille cose: come sguattero sul Volga conobbe il cuoco che gli fece conoscere i libri. Saint-Exupéry pensava che il suo vero mestiere fosse l'aviazione. Italo Svevo, per fare il grande industriale, smise di scrivere: gli bastava una riga per renderlo inetto al lavoro pratico per una settimana.
Vite movimentate come e più dei romanzi, o piatte esistenze da impiegati delle poste e contabili; nonostante ogni genere di traversia, il mestiere più duro, a detta loro, restava lo scrivere. Ma questo libro non è un'indagine psicologica o uno studio di sociologia della letteratura. È un itinerario capriccioso e divertente nel quotidiano degli scrittori da giovani, pieno di informazioni e aneddoti, trasformati dal gusto e dalla cultura di Daria Galateria in deliziosi racconti e pezzi di analisi letteraria.