Nel narrare la costruzione di un giardino, chiamato "verziere", l'autrice ritorna alle proprie origini, seppur legate a un altro luogo e ad altri orizzonti. Con continui rimandi alla letteratura, al cinema, alla scienza botanica, all'architettura, il libro traccia il passaggio, - quasi un'iniziazione - dalla cultura alla coltura, dalla conoscenza teorica alla pratica, ossia a quell'attività dello "sporcarsi le mani" che è vissuta come essenziale ricerca del senso della vita. Perché un parco appartiene a tutti; è un pezzo di natura che sopravvivrà solo se ci sarà chi continuerà a renderlo fruibile alle giovani menti che dovranno progettare l'ambiente in cui vivere e, con ciò, la vita stessa.