Dall'autore di Romanzo criminale un nuovo romanzo-affresco che getta una luce nera sull'epoca in cui siamo tuttora immersi. L'epoca segnata dalle stragi di mafia. Sotto il segno della convenienza, persone diverse, con progetti diversi, si ritrovano a essere le pedine di un disegno folle. O forse no. Si tratta di consegnare l'Italia nelle mani giuste. Delitti e passioni si intrecciano con bombe e affari. Una donna che doveva solo tradire trova il coraggio di amare. Mentre le vite e i destini si consumano, e la speranza si rifugia nel cuore stesso dell'inferno. In seguito, per quanto cercasse di frugare nella memoria, ripercorrendo passo passo i momenti di quella conversazione che non avrebbe esitato a definire "surreale", in seguito Stalin Rossetti non sarebbe mai riuscito a determinare con esattezza la paternità dell'idea. Era stato lui a suggerirla o il mafioso? O ci erano arrivati insieme, ragionando con diligenza matematica sui pochi elementi di valutazione dei quali disponevano? O era stata la disperazione a impossessarsi delle loro menti? Sta di fatto che a un certo punto l'idea si materializzò. Aveva la forma inconfondibile della Torre di Pisa. Il riflesso cangiante della Cupola di San Pietro nelle meravigliose ottobrate romane. L'eleganza composta e distaccata della Loggia de' Lanzi. Aveva il volto desiderabile della pura bellezza. Era la bellezza. La bellezza rovinata. La bellezza corrotta. Era l'Italia, in fondo.
Non intendo mettere in dubbio la passione civile che anima il romanzo di De Cataldo, ma, purtroppo, lo sdegno o la passione non accompagnati da un'idea centrale (quella che i romantici chiamavano ''ispirazione'') non bastano a garantire un risultato efficace nel coinvolgere o, addirittura, illuminare il lettore. Anche in un lavoro a sfondo storico-sociale, l'intuizione estetica vuole la sua parte. Invece, in questo romanzo, l'alternanza di espedienti stilistici al limite di uno stucchevole manierismo e il ricorso a un linguaggio burocratico che si autoesibisce come manifestazione della ''nuda'' verità, produce l'impressione complessiva di qualcosa di ibrido; qualcosa in cui sembra di avvertire, al di là delle intenzioni, una fondamentale indecisione dell'autore fra la scelta estetica e quella etica, che in qualche modo si giustappongono ma non si fondono mai in un'anima unitaria. Si direbbe che l'autore, per non scontentare nessuno, con un occhio guardi al lettore che gli chiede sapienza di stile, e gli regala stucchevoli funambolismi linguistici, mentre con l'altro occhio vuole accontentare l'altro tipo di lettore, quello che vuol sentirsi dire la verità, e allora, per quest'ultimo vengono esibite le sentenze giudiziarie o i pezzi giornalistici ad hoc. Il risultato? Come dicevo, una sorta di ibrido senza anima che, temo, è l'esatto opposto di quello che si prefiggeva l'autore.
Nelle mani giuste
ago - 22/11/2007 19:04
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5
Libro che bisogna leggere fino in fondo. Sì, perchè la tentazione di lasciar perdere è tanta: la storia non sarebbe male, ma i personaggi e le loro storie, sembrano così lontani gli uni dagli altri che non si capisce proprio la trama dal libro. Solo nelle ultime 100 pagine qualche storia comincia ad intrecciarsi, ed allora diventa quasi un bel libro. Però, concludendo, c'è in giro di meglio.
Nelle mani giuste
vittorio pisa - 17/07/2007 17:01
2/
5
Affermare che questo romanzo sia il seguito di romanzo criminale è una bugia...a parte la presenza anche in questo nuovo romanzo di alcuni (pochi) tra i protagonisti di Romanzo criminale le analogie finiscono qui... laddove nell'indimenticabile intreccio tra romanzo e storia d'Italia raccontato in ''romanzo criminale'' i personaggi con le loro vicissitudini personali riuscivano a rappresentare al lettore la ''storia'' di un lungo e travagliato periodo vissuto dal nostro paese, in questo romanzo invece sembra quasi che le più recenti vicende d'Italia vogliano per forza essere raccontate tramite i personaggi che privi adeguato approfondimento rimangono spesso estranei allo schema narrativo e restano solo un veicolo per una ricostruzione storica, che per quanto attendibile, risulta assai meno affascinante rispetto a quella proposta IN Romanzo criminale. E poi tra i tanti personaggi di fantasia di cui si compone il romanzo, (alcuni facilmente riconducibile ai protagonisti reali) l'unico di cui viene usato il nome vero è quello di Berlusconi...una caduta di stile certamente evitabile...
Salvatore Pennisi - 15/12/2007 15:30
ago - 22/11/2007 19:04
vittorio pisa - 17/07/2007 17:01