Un processo per stupro dall'esito incerto colpisce il dorato mondo del football australiano e squarcia il velo sul lato oscuro dello sport, su quella sottocultura virile, stereotipata e tossica che travalica i confini della goliardia per diventare terreno di degradazione e violenza. È in questa zona grigia, via via sempre più nera, che si muove l'indagine di Anna Krien, partita dai banchi di un'aula di tribunale, dove il giovane Justin Dyer non proprio un campione, piuttosto uno che delle stelle è abituato a sfruttare la scia deve difendersi dall'accusa di aver violentato la coetanea Sarah Wesley a una festa privata per celebrare la vittoria in campionato dei Magpies di Melbourne. Le testimonianze raccolte da Krien, fuori e dentro l'aula, e i suoi dubbi interiori nel ricostruire la vicenda (esiste un discrimine tra innocenza e non colpevolezza?), insieme alla scoperta di troppi eventi analoghi accaduti nel recente passato, compongono un desolante mosaico di miseria morale, diseducazione sentimentale e senso di impunità. Un mondo di adolescenti con cento chili di muscoli per i quali «la complicità si basa sul sessismo e sull'omofobia» e la distinzione tra consenso e rifiuto sembra non avere più alcun significato.