Un libro memorabile, il duetto di due stelle di prima grandezza come Brera e Veronelli che interpretano i loro pezzi preferiti: vale a dire il mangiare e il bere. La Pacciada è tutto questo e altro ancora. E' l'accostarsi a una terra, quella lombarda, che ha avuto in Brera il suo più autentico cantore, instancabile nel ripercorrerne civiltà e dialetti, tradizioni e dominazioni. Fa da contrappunto a questo "come eravamo" intonato da Gianni Brera la sterminata esplorazione condotta da Veronelli attraverso le preparazioni più salienti, i piatti più gustosi. Quello di Veronelli è un soffermarsi scrupoloso e geniale. Ricetta dopo ricetta Veronelli compone un affresco mobilissimo della cucina padana e sembra di vedere formarsi un dipinto dell'Arcimboldo, dove trovano posto le verze e le anatre, le anguille e il porco. Quello che ne esce è un libro lardellato di umori, instancabile nelle scoperte, perentorio nella nostalgia. La Pacciada - un titolo scelto da Brera e volutamente non levigato, vigorosamente dialettale - dopo aver conosciuto anni fa un meritato successo, ritorna finalmente ai lettori e li conduce dentro l'affresco della grande abbuffata che si celebra nelle terre solcate dal Po, della magnata che non sacrifica la qualità alla quantità ma fonde tutto assieme con l'antica sapienza che, sotto ogni latitudine, fa sì che ogni uomo sia (anche) ciò che mangia. Libro di ricordi e di sapori, di centinaia di ricette, di singolari amalgami, di nette e italiche contrapposizioni che una risata, anzi un risotto, basta a sciogliere. Nel vino, naturalmente.