Salvo Licata è stato un cronista del giornale "L'Ora". Drammaturgo e scrittore, ha raccontato di Gangli di questa città, le miserie e le virtù come pochi. Sosteneva che Palermo fosse frammentata in due: la città bianca e la città nera. E proprio da quest'ultima prende l'avvio questo progetto fotografico. Un "poema umano" per citare Danilo Dolci, che della città nera si innamorò quasi fino a metterci radici. Perché non si possono non amare certi visi, certi corpi. Non si possono ignorare le energie che sanno sprigionare i vicoli, quei "quartieri-stato" che trasudano umanità da ogni lembo di pelle e travolgono e incantano. Così come, di converso, non si possono ignorarne le insidie. La mafia sempre viva, l'abbandono, quel futuro di cui spesso non si vede la luce. La possibilità non remota di consegnarsi a un destino infausto, inclemente. Grazia e ferocia, in questi luoghi, camminano accanto e spesso si influenzano, fino ad arrivare a non distinguerne più i tratti. Ma il cuore è vivo e pulsa forte, a un ritmo forsennato. Ed è questo cuore il fulcro di queste fotografie. Che non spiegano, non dimostrano nulla. Non hanno lezioni da impartire né giudizi da emettere. Sono porte aperte su un mondo di mezzo, un faro acceso su realtà poco visibili a un occhio nudo.