Protagonista de "La pietra di paragone" è Margaret Aubin, una delle rare scrittrici di successo a comparire nell'opera di Edith Wharton. All'inizio della narrazione Margaret, già morta, è presente solo attraverso le sue lettere e nella memoria di Stephen Glennard, destinatario di quelle e coscienza centrale della narrazione. La vendita e la pubblicazione della corrispondenza dell'autrice di fama consentono a Glennard di sposare la donna che ama mettendo però in crisi il suo fragile sistema morale: le lettere, da messaggio privato, si trasformano in oggetto di consumo e in intrusione illecita, che mette a nudo e strappa alla radice l'animo della donna. Più che lettere d'amore sono 'lettere non amate', perché scritte a un uomo indifferente. Il successo letterario di Margaret Aubin corrisponde quindi, apparentemente, alla sua sconfitta sul piano sentimentale, l'arte prevale sulla vita trasformando la potenzialità dell'amore nella pagina scritta. Le lettere diventano il luogo del desiderio femminile, assente dal testo perché rappresentabile e tuttavia continuamente evocato con un linguaggio carico di suggestioni. Difficile non proiettare le lettere a Stephen Glennard su quelle a Morton Fullerton della stessa Wharton, che rivelano una donna impetuosa e appassionata, alla scoperta di sensazioni insospettate e possibilità emotive fino allora insondate. Come la famosa "Lettera rubata" di Poe, anche le lettere vendute del romanzo sono significanti in quanto assenti dal testo, depositarie della sessualità e della creatività femminile, metafore della scrittura stessa e della molteplicità delle letture possibili.