Come si studia la storia? E come si racconta? Sono le due domande che stanno dietro ogni riflessione possibile sulla cosiddetta 'metodologia della ricerca storica'. Domande semplici all'apparenza, delicate nella sostanza. Così delicate da spingere gli storici, professionisti del passato, alla formulazione di risposte fin troppo tecniche, complesse, da addetti ai lavori: istruzioni per l'uso che finiscono spesso per annoiare piuttosto che aiutare. Ma riflettere su come si studia e si racconta la storia può diventare una sfida affascinante se i professionisti del passato invitano il pubblico di oggi - i lettori, gli studenti - dentro la loro officina, per mostrare concretamente come si maneggiano i ferri del mestiere. Per iniziativa di Sergio Luzzatto, una decina di storici italiani fra i più autorevoli -Alessandro Barbero, Roberto Bizzocchi, Alessandro Casellato, Antonio Gibelli, Miguel Gotor, Giovanni Levi, Salvatore Lupo, Ottavia Niccoli, Lisa Roscioni hanno scelto ciascuno una fonte, l'hanno lavorata, ne hanno fatto la base per il racconto di una storia metodologicamente istruttiva. Fonti notarili, pubblicistiche, contabili, epigrafiche, cronachistiche, oratorie, iconografiche, diaristiche, orali, elettroniche, dall'Italia del Medioevo al mondo globale di internet.
Confermo il giudizio del lettore che mi ha preceduto riportando le parole di Marc Bloch ("Apologia della storia", ed. it. 1998, p. 53): "Sarebbe una grande illusione immaginare che a ogni problema storico corrisponda un unico tipo di documenti, specializzato in quest'uso. Invece, più la ricerca si sforza di raggiungere i fatti profondi, meno le è permesso di sperare chiarezza se non dai raggi convergenti di testimonianze molto diverse per natura. Quale storico delle religioni vorrebbe accontentarsi di consultare dei trattati di teologia o delle raccolte di inni? [...]"
Prima lezione di metodo storico
Anonimo - 28/05/2010 19:21
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Questo testo, pur redatto da autorevolissimi studiosi, suggerisce in maniera convinta quanto fallace l'impressione, che il fondamento del metodo storico consista, e si esaurisca, nella percezione della peculiarità insita nelle tante possibili fonti storiche, e dunque nella loro differenza, direi quasi nella loro reciproca irriducibilità. Le fonti parlano da sè, così pare, risolvendosi in altrettante "narrazioni", quasi che una certa fonte potesse dar vita ad uno specifico, e non ad altro, genere storiografico (storia sociale, storia religiosa, storia culturale ecc.). Le rare indicazioni metodologiche (critiche, interpretative) fanno qua e là capolino in maniera peraltro più surrettizia che esplicita.
Anonimo - 22/04/2011 17:56
Anonimo - 28/05/2010 19:21