Alla morte di Cioran, fra i suoi manoscritti furono trovati trentaquattro quaderni dalle copertine identiche. Erano, come si scoprì, i testi a cui per quindici anni, dal giugno del 1957 al novembre 1972, egli consegnò la parte più intima e segreta di sé, senza mediazioni di alcun genere. Brevi riflessioni, sentenze fulminanti, osservazioni su letture, impressioni musicali, ritratti di amici e di nemici, rapide fughe da Parigi, aneddoti, considerazioni sulla storia, ossessioni, capricci.
Non si tratta di un semplice libro di memorie, bensì del testamento morale di un autore ancora non valorizzato nella giusta maniera per quello che ha dato alla letteratura mondiale nel corso della sua tormentata esistenza; un'incredibile e, a volte, altissima serie di riflessioni sull'esistenza, sulla morte, sulla storia, il tutto condito con un'immancabile dose di ironia e cinismo, caratteristiche immancabili di uno scrittore che ha fatto della ricerca dello stile la sua, quasi, unica ragione di vita. A proposito, la scrittura di Cioran scivola come una magia letteraria ed entra in profondità all'interno della mente e dell'anima del lettore attento, scandagliando i più reconditi aspetti della vicenda umana. Imperdibili i ritratti che fa degli autori a lui conosciuti, e delle persone comuni che viene ad incrociare durante la sua travagliata (internamente) vita di esule a Parigi. Un libro di altissimo spessore umano, da consigliare a tutti, in particolare alle anime inquiete.
Anonimo - 16/10/2005 18:14