In quest'era dove si impiega qualsivoglia espediente per toccare l'altro suscitando un inevitabile "syn-pathein". Augé mostra come la plurisignificatività del toucher esiga un saper toccare tanto più quando questo sfioramento riguarda il corpo dell'altro. Ciò implica essere consapevoli del fatto che in quel tocco, per un verso, riconosco che «ogni identità individuale si costruisce in relazione all'alterità», per l'altro, che in questo stesso gesto si dà una distanza tra me e chi ho di fronte. Nel nostro tempo segnato da un individualismo sempre più spiccato, non solo si tende a misconoscere la parte di umanità generica che c'è in ciascuno di noi, ma si giunge persino al paradosso di affidare l'onore della prova della propria esistenza agli altri. Come i luoghi hanno sullo sfondo i nonluoghi così l'uomo surmoderno ha sullo sfondo il modello seriale di un io tracotante, iperconnesso, disorientato, in preda alla paura e sotto lo scacco della solitudine. Di qui il venire a datità di quel corto circuito degli elementi che stanno alla base del simbolico: lo spazio e il tempo. Ma non tutto è perduto: nella stretta di mano che suggella la promessa suprema prima del naufragio il toccare si fa segno tangibile del fatto che un altro mondo è possibile.