"Le negazioni sono vere nei riguardi delle cose divine, mentre le affermazioni non si adattano al mistero che le contraddistingue": questa tesi, formulata nella Gerarchia celeste di Dionigi lo pseudo-Areopagita, segna anche per l'Occidente cristiano di lingua latina l'origine della tradizione di pensiero che si suole indicare con l'espressione "teologia negativa". Obiettivo di questo studio è appunto esaminare l'impatto avuto dal corpus areopagiticum su tale tradizione, impegnata a individuare un passaggio stretto che permettesse di conciliare il principio dell'assoluta trascendenza di Dio con l'esigenza di dargli un nome, per poter professare, difendere e diffondere il proprio credo. Nel farlo, esso ricostruisce alcune fra le tappe più significative della storia della teologia negativa nel medioevo latino, accompagnando il lettore lungo un percorso che va dall'età carolingia (con Giovanni Scoto) al XII secolo (Alano di Lilla), per poi concludersi con un'analisi del modo in cui Tommaso d'Aquino raccolse la sfida lanciata da Mosè Maimonide sulla questione dell'indicibilità di Dio.