"Il bello deve ancora venire" ha detto di recente riferendosi al suo lavoro Steve McQueen, il regista europeo che più di tutti oggi è capace di raccogliere le diverse forme d'arte che ha nel cuore per fonderle in un film. La ricerca della libertà attraverso la morte, come in "Hunger", o quella della liberazione dall'ossessione, in "Shame", restituiscono il corpo come mezzo d'espressione delle pulsioni e dei desideri più profondi dell'animo umano. Un corpo che degradandosi diventa arte, eterno messaggero della nostra presenza nel mondo. Perché se la condizione umana è la trappola mentale, il corpo può essere la chiave per uscirne.
Due film sul corpo. Quello del prigioniero ribelle Bobby Sands, prosciugato, distrutto dal digiuno, e quello di Brandon, degradato nel sesso mercenario, incapace com'è di amare. Un rivoluzionario idealista irlandese e un rampante totalmente amorale newyorkese fotografati con lucidità e spietato realismo da Steve McQueen, prima che regista grande artista visivo
Marina Pesavento - 29/11/2014 23:47